Patricio Mena Malet filters Levinas’ thought through Derrida’s hermeneutic prism, investigating the perimeters of the ego in its dialectical relationship with otherness. The relationship with the other leads to the questioning about the idea of oneself and the activation of the capacity to receive beyond measure, beyond the reach of the ego. The welcoming of otherness rests on a vulnerable, imponderable, uncontrollable basis on the part of the person who welcomes, given that the person who welcomes is introduced into the hermeneutic network of hospitality in which he has always been, without being able to choose it voluntarily. The welcome becomes, therefore, the occasion for a self-discovery by the welcoming subject. To be a receptive subject, which is not arbitrary, is the trace of the horizon in which he is already in; so, it is a question of capability to manage one’s own attitude of being welcoming, ontologically open and therefore fragile. Retracing Ricoeur’s thought, the Chilean philosopher focuses on the issue of the subject’s own fragility, a structural vulnerability that cannot fail to translate into an appeal to responsibility towards that other than oneself that each of us is for himself.
Filtrando il pensiero di Levinas tramite il prisma ermeneutico di Derrida, lo studioso cileno Patricio Mena Malet indaga i perimetri dell’io nel suo rapporto dialettico con l’alterità. Il rapporto con l’altro conduce alla messa in discussione di sé stessi e all’attivazione della capacità di ricevere oltremisura, al di là della portata dell’io. L’accoglienza dell’alterità poggia su una base vulnerabile, imponderabile, incontrollabile da parte del soggetto che accoglie, dato che il soggetto che accoglie è immesso nella rete ermeneutica dell’accoglienza in cui è già da sempre, senza che possa deciderlo in partenza. L’accoglienza diviene, dunque, l’occasione di un’auto-scoperta da parte del soggetto accogliente. Il suo essere ricettivo, che non è arbitrario, è la traccia dell’orizzonte in cui egli è già inserito; si tratta, allora, di accogliere la propria attitudine ad essere accoglienti, ontologicamente aperti e dunque fragili. Ripercorrendo il pensiero di Ricoeur, lo studioso cileno mette a tema la questione della fragilità propria del soggetto, una vulnerabilità strutturale che non può non tradursi in un appello alla responsabilità verso quell’altro da sé che ciascuno di noi è per sé stesso.