Plurale come la molteplicità di espressioni che caratterizzano il pensiero, i pensieri.
‘Linguaggi del pensiero’, ‘linguaggi della filosofia’. Non ‘Filosofia del linguaggio’ o dei linguaggi. Perché il soggetto qui non è la Filosofia e il suo Logos, ma i logoi, i molteplici modi del dire.
Perché accanto al dire concettuale (linguaggio classico nella storia della filosofia), c’è il dire dell’immagine (per esempio, il linguaggio della pittura); c’è il dire musicale, c’è il dire narrativo, c’è il dire filmico, c’è il dire delle scienze.
Filosofia dell’arte, della musica, della letteratura, del cinema: in senso forte. Genitivo soggettivo e non oggettivo. L’arte come modo del pensare (e quindi del filosofare). La musica come modo del pensare. La letteratura come modo del pensare. Il cinema come modo del pensare. Passo indietro del concetto: a riconoscere l’altro. A riconoscere che il pensiero è altro. Può essere anche altro. Plurale.
Perché la filosofia non nasce dai libri ma dalle cose (E. Husserl). E, allora, alla cosa stessa, alle cose stesse non si può non tornare. Concetti ‘dalle’ cose. Non come assoluti.
Una filosofia mai ‘prima’, ma sempre ‘seconda’. Là dove è proprio il non-filosofico, il simbolico, il preconcettuale che «dà a pensare» (P. Ricoeur): e diventa sorgivo, anche per la concettualizzazione.
Un pensiero che è ‘poiesis’, un fare ‘poietico’, in cui trovano origine tanto il Denken filosofico quanto il linguaggio dell’arte, della poesia, dell’esistenza (M. Heidegger). E i linguaggi e le discipline si svelano, così, nel loro parallelismo: rette che non si incontrano mai, ma che trovano il loro senso proprio nella relazione: allelon: l’uno rispetto all’altro: riconoscimento reciproco.
Mobile esercito di trasposizioni (F. Nietzsche). Gioco di specchi. Riflessioni. Lo stesso oggetto da più punti di vista. È ancora lo stesso? È ancora la stessa – la cosa in gioco – dopo essere passata attraverso il prisma dell’immagine, della musica, del cinema, della letteratura?
Al termine del periplo, nel ritorno (alla filosofia, o alla vita), è ancora la stessa cosa?
Ricchezza del riflettere plurale.
Non interdisciplinarietà. Non multidisciplinarietà. Dia-logo: là dove proprio il mantenimento della differenza (linguistica, epistemologica, disciplinare) può consentire lo spazio dell’arricchimento, dell’incontro, del confronto, della scoperta.
Dia-logoi tra i diversi. Perché la filosofia non è pittura; la musica non è cinema; la letteratura non è psicologia. E proprio per questo è possibile il confronto (H. G. Gadamer). Circolo dei linguaggi. Circolo dei dia-logoi. Plurali come le lingue, le storie, le esperienze.
Non per moda. Non per facciata. Ma per il bisogno di incontrare l’altro dov’è: nel suo mondo linguistico. Perché cose ed esperienze, messe sui fogli, passano inevitabilmente attraverso ‘una’ lingua.
E se lo scritto – come sapevano bene gli Antichi – rischia di fissare e mummificare, invece la ricchezza della molteplicità delle lingue, la fusione dei diversi orizzonti nazionali può aiutare: a non tramutare questo ‘scrivere e fissare’ in uno schematismo autoreferenziale.
Perché si pensa e si scrive sempre con altri e per altri. Plurali.
Perché un pensiero critico è sempre, in sé, politico.
E perché la prima ‘pratica’ politica della filosofia è la sua intrinseca ‘paideia’. Perché una filosofia non comunicata non è nulla. E una teoria che non si interroga sulla propria insegnabilità non è critica fino in fondo.
E, allora, la didattica non è la cenerentola della ricerca, ma la sua cartina di tornasole. E la filosofia a scuola non è solo un problema della scuola, ma un problema filosofico-politico.
E, allora, la pluralità è già proposta, e scommessa: il syn/ philosophein come stile del far filosofia, stile di insegnamento e di ricerca. Plurale.
Innanzitutto i nomi e i volti dei fondatori: Gemma Adesso, Sterpeta Cafagna, Annalisa Caputo, Michela Casolaro, Michele Sardone, Laura Parente, Luca Romano; a cui si sono aggiunti, negli anni, Barbara Cioce, Matteo Losapio, Bianca Roselli.
Perché ‘Logoi’ prima che una rivista è un progetto. Uno spazio di ricerca condivisa. È tante ore di confronto, e anche di scontro, se necessario. Perché pensare è pensare diversamente. E poi tentare di convergere.
‘Logoi’ è l’insieme di diverse esigenze e competenze.
E, se è ‘troppe cose’, è per non mortificare nessuna di queste esigenze e competenze. Plurale non come un ‘noi’ chiuso, ma come un intrecciarsi di ‘tu’: inviluppo di storie, in cerca di nuovi compagni di viaggio e di linguaggio. Trama. Trame
Linguaggi. Logoi.
Plural as a multiplicity of expressions that characterize thinking and thoughts.
‘Languages of thought’, ‘Languages of philosophy. Not ‘Philosophy of language’ or ‘languages’, because here the subject is not Philosophy and its Logos, but logoi and the multiple ways of saying.
Indeed, next to the conceptual ‘saying’ (i. e. the classic language in the history of philosophy), there is the language of ‘images’ (e. g. of paintings); there is the language of music, there is the narrative language, the language of movies and that of sciences.
Philosophy of art, of music, of literature, of film becomes a subjective genitive and not objective. Art as a way of thinking (and thus of philosophy). Music as a way of thinking. Literature as a way of thinking. Movie as a way of thinking. Stepping back from the concept: recognizing the other and recognizing that thinking is (and can be) ‘other’: and ‘other’ means in this case ‘plural’.
because philosophy is not born from books but from things (E. Husserl).
And, so, we must return to the things themselves, zu den Sachen selbst. Concepts comes ‘from’ things. They are not un-conditioned.
So philosophy is never ‘first’, but always ‘second’. In fact, the non/ philosophical, the symbol, the pre-conceptual «gives rise to thought» (P. Ricoeur) and it becomes a wellspring, even for conceptualization. A thought that is ‘poiesis‘, a ‘poietic’ act. This is the origin of both philosophical Denken and arts (M. Heidegger). In this way, languages and disciplines are revealed in their parallelism, as parallel lines that never meet, but find their own meaning in connection. Para-allelon: the one with the other: mutual recognition.
As Nietzsche says, language is &la»
[a movable host of metaphors&ra»
[ (F. Nietzsche), showing reflections: the same object from different points of view. The ‘thing’ in the game, after going through this prism of images, music, movies, literature, is the same or not? At the end of the circumnavigation, in return (to philosophy and to life), is it still the same ‘thing’?
Richness of the plural reflection!
It’s not an interdisciplinary or multidisciplinary one, but dia-logue, where the maintenance of difference (linguistic, epistemological, disciplinary) may allow the ‘opening’ for enrichment, encounter, confrontation, discovery.
They are dia-logoi between different disciplines. Philosophy, indeed, is not painting; music is not cinema; literature is not psychology and exactly for this reason is possible to make a comparison, a discussion (H. G. Gadamer), which becomes a circle of languages (circle of dia-logoi).
It’s not for fashion or for façade but for needing to meet the other where one is, in his linguistic world. In fact, when we write things or experiences, we use inevitably ‘one’ language; and ‘writing’ – as the ancient philosophers knew – run the risk of fixing and mummifying the multiple world of languages.
Then, only the ‘fusion’ of different national ‘horizons’ can help us, not to transform this ‘writing and fixing’ in a self- referential ‘schematism’. Indeed, we think and write always with others and for others. Plurals.
In fact, a critical thinking is always a political thinking and the first political ‘praxis’ of philosophy is its intrinsic ‘paideia’. Indeed, philosophy that does not communicate itself is nothing and theory which does not questions its teachability is not really critical thinking.
…first of all, the names, the faces, the stories of the Editorial Staff. “Logoi”, in fact, is not only a Journal, but a research project.It’s a ‘space’ for shared research. It’s a lot of hours spent discussing with one another (and also fighting, if necessary). Thinking, indeed, is thinking differently and then trying to come to some consensus. “Logoi” is a set of different needs and skills; and, if it is ‘too much’, the intention is not to humiliate any of these plural needs and skills. This plural is not intended as a closed ‘we’ but as an ‘intertwining’ of ‘you’, as an net of stories (plots, storylines), looking for new companions for journeys, for languages and for…
logoi.