Rivista di filosofia
Journal of Philosophy
ISSN 2420-9775
Anno X, N. 25,
Online 31/10/2024
Immagine di copertina
di Bianca Roselli
Mimesis Edizioni

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Is it Barbaric to Write about Playing in the Era of Migration?
Scrivere sul gioco, oggi, nell’epoca delle migrazioni, è un atto di barbarie?
A. CAPUTO

This essay is an attempt to take seriously Theodor Adorno’s provocation, not so much about its meaning with regards to the Holocaust, as with regards to the present time. Infact, the meaning of our writing about philosophy, arts and playing depends on the answer to this provocation.
Yes, we believe that today, more than ever, the task of philosophy (but also of poetry, literature, music, cinema) once again becomes this: to cause dissatisfaction, anxiety, discomfort; to question the data, not to settle, but to keep looking, probing, dreaming of alternatives; to put thought into play. Playing with the thought. A fragile and un-helpful oasis. Logic of possibility and breeding ground of alternatives not crushed on the real. Sign of a need not suppressed by novelty, that speaks to the heart of every living being, in every culture, in every age, of every individual. Novelty that urges and asks not to be crushed, removed, relegated to the unthinkable: today, more than ever, in this era of migration and barbarism.

KEYWORDS: Playing, Migration, Philosophy, Adorno, Celan

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Prendere sul serio la provocazione di Adorno, lasciarsi mettere in discussione non tanto dal suo senso rispetto all’Olocausto, quanto rispetto al tempo presente, perché dalla risposta a questa provocazione dipende anche il senso del nostro pensare sulla filosofia, sulle arti, e sul loro gioco. Per lo meno dipende il senso che noi vogliamo dargli.
E, così, rilanciare la scommessa. Continuare a credere che, oggi più che mai, il compito del pensiero resta questo: provocare insoddisfazione, inquietudine, disagio; porre in questione il dato, non accontentarsi, continuare a cercare, sondare, sognare alternative. Mettersi in gioco. Il gioco del pensiero. Oasi fragile e forse in-utile. Ma logica di possibilità e vivaio di alternative non schiacciate sul reale. Segno di un bisogno non domato di ‘novità’, che parla al cuore di ogni essere vivente, di ogni cultura, di ogni tempo, di ogni singolo. ‘Novità’ che urge e chiede di non essere schiacciata, rimossa, relegata nell’impensato. Oggi più che mai, nell’epoca della barbarie delle migrazioni.

PAROLE CHIAVE: gioco, migrazioni, filosofia, Adorno, Celan

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