The scenario of postmodernity, with the current and unforeseen social emergencies of Covid-19 and the increasingly systematic and widespread proliferation of the tools of Digital Mobility in the daily lives of individuals, leads to questioning the future of man, education and his dream of Inclusion. The proliferation of the means of Digital Mobility, the needs of distance learning and smart working bring out new forms of loneliness in individuals at the same time. Therefore, the individual structurally made for ‘proximity’ and ‘re- lationship’ with others, finds himself living in ‘distance’ and ‘lack of direct dialogue and physical touch’ with others. In the face of such a view in which emerge, along with the shadows of increasingly sparse isolations, the rhythms and lifestyles ‘frenetic’ and sometimes even ‘inhumane’ of today’s existence, it makes sense to question the future of education and inclusion in the Italian school. In this regard, the results of a quality- quantitative research, on the subject of inclusion, conducted in a high school in Puglia, call for the need for programmatic and institutionalized retention of the identity profile of the support teacher. He, as a ‘cultural mediator’ and ‘educator’ of the most fragile social categories, is called upon to coordinate and facilitate the processes of inclusion. He should promote new forms of sociality, friendship and humanization in a highly individualized and complex society.
L’emergenza del Covid-19, imponendo nella vita quotidiana degli individui la pratica del distanziamento sociale e l’utilizzo sempre più sistematico e diffuso dei mezzi della Digital Mobility per rispondere alle esigenze dalla DAD e dello Smart Working, ha fatto risaltare, in maniera inedita, un paradosso esistenziale che già da qualche tempo era emerso nello scenario contemporaneo e che vedeva gli individui vivere forme di ‘solitudini prossemiche’. Tale paradosso richiama l’idea dell’ambiguità tra un bisogno costitutivo di ‘vicinanza’ e ‘relazione’ con gli altri, che l’essere umano ha per sua natura e i possibili modi di essere dell’esserci, che attualmente gli sono dati, nelle forme alienanti del ‘distanziamento’ e della ‘mancanza di dia- logo diretto e contatto fisico’ con gli altri. Dinanzi a una simile veduta nella quale emergono, insieme alle ombre di isolamenti sempre più radicalizzati, i ritmi e gli stili di vita ‘frenetici’, e talvolta persino ‘disumananti’ dell’esistenza odierna, ha senso interrogarsi sul destino dell’educazione e dell’inclusione nella scuola italiana. Gli esiti di una ricerca quali-quantitativa, sul tema dell’inclusione, condotta in un liceo pugliese richiamano la necessità di una risemantizzazione programmatica e istituzionalizzata del profilo identitario e professionale dell’insegnante di sostegno, a causa dei molti fraintendimenti che ancora circondano la sua figura e dell’impatto etico della sua azione professionale. Egli, quale ‘mediatore culturale’ ed ‘educatore’ delle categorie sociali più fragili è chiamato a coordinare e facilitare i processi d’inclusione nella scuola e a promuovere in una società altamente individualizzata e complessa, nuove forme di socialità, solidarietà, amicizia e umanizzazione.