After the end of the East-West block politics and the long process of constituting the European Union, which is still ongoing today, the rediscovery of the Mediterranean vocation of Italy, as well as of Europe as a whole, could have been an enormous resource. Instead, the Mediterranean has increasingly taken on the character of a frontier between worlds conceived as enemies, from which the ‘fortress-Europe’ seeks only to defend itself. The perspective of a geophilosophy of the Mediterranean – seen from the place where I myself ‘live’, i.e. Sicily – seems to me, on the other hand, unavoidable in order to imagine a different idea of Europe. To revive the proposal of a ‘Mediterranean alternative’, of an ‘Archipelago-Europe’, means in fact to think about the possibility of living together based not only on the opposition between natives and foreigners, but on a multiple, polyphonic identity that history has handed down to us and that we must rediscover and make fruitful.
Con la fine della politica dei blocchi e il lungo processo di costituzione dell’Unione europea, ancora oggi in corso, riscoprire la vocazione mediterranea dell’Italia, così come dell’intera Europa, potrebbe rappresentare un’enorme risorsa. Il Mediterraneo, invece, ha assunto, in misura sempre maggiore, il carattere di frontiera tra mondi concepiti come ostili, da cui la ‘fortezza-Europa’ vuole solo difendersi. La prospettiva di una geofilosofia del Mediterraneo – vista a partire dal luogo in cui io stessa ‘abito’, cioè la Sicilia – mi sembra, invece, imprescindibile per immaginare una diversa idea di Europa. Rilanciare la proposta di un’‘alternativa mediterranea’, di un’Europa-Arcipelago, significa, infatti, pensare la possibilità di una coabitazione non basata soltanto sulla contrapposizione tra autoctoni e stranieri, ma su un’identità molteplice, polifonica, che la storia ci ha consegnato, e che tocca a noi riscoprire e rendere nuovamente feconda.