This paper is divided into three parts. The first two parts work on myth of Babel present in Genesis through some non-philosophical representations, which characterize it in its hybris (Dante, Pieter Bruegel, Iñárritu) and in its inevitability (Borges, Malick). The third part, the strictly philosophical one, identifies some twentieth-century interpretations of Babel, understood as a metaphor of human incommunicability, and so three proposals (Benjamin, Derrida, Ricoeur) for inhabiting it, thanks to the possibility/impossibility of translation
Il testo è diviso in tre parti. Le prime due riprendono il mito di Babele presente nel testo del Genesi attraverso alcune raffigurazioni non filosofiche, che lo caratterizzano nella sua hybris (Dante, Pieter Bruegel, Iñárritu) e nella sua inevitabilità (Borges, Malick). La terza parte, quella propriamente filosofica, individua alcune letture novecentesche di Babele, intesa come metafora dell’incomunicabilità umana, e – di contro – tre proposte (Benjamin, Derrida, Ricoeur) per abitarla, grazie alla possibilità/impossibilità della traduzione.