Rivista di filosofia
Journal of Philosophy
ISSN 2420-9775
Anno XI, N. 26,
Online 30/04/2025
Mimesis Edizioni

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La vertigine della colpa. Il duello di Günther Anders con Kafka S. Gorgone

The paper aims to explore the interpretation that, already in the mid-1930s, Günther Anders proposed of Kafka and in particular of the novel The Castle. The ‘can’t-get-in-the-world’ of the land surveying K. is interpreted as a literary figuration of the state of incompleteness that, according to the perspective of philosophical anthropology, characterises man in an essential way. At the same time, however, Anders discerns in Kafka the acceptance of a state of indefinite guilt and the consequent punishment that borders on masochism and a voluptuousness of self-humiliation in which the feeling of the impending original sin is echoed. In the post-World War II Kafkaesque fashion, moreover, Anders also discerns the exaltation of an antipodean figure which, although not guilty, was nevertheless punished; in it the many Germans who, albeit not as protagonists, had participated in the Nazi regime’s racial practices, could mirror themselves and feel intimately absolved. Thus, with the aesthetic and pseudo-religious deification of the Jew Kafka, the massacre of millions of other Jews was sublimated.

KEYWORDS: Anders, guilt, punishment, exile from the world, redemption

 

Il contributo intende esplorare l’interpretazione che, già a metà degli anni Trenta, Günther Anders propone di Kafka e in particolare del romanzo Il castello. Il ‘non-potere-arrivare-nel-mondo’ dell’agrimensore K. viene interpretato come figurazione letteraria dello stato di incompiutezza che, secondo la prospettiva dell’antropologia filosofica, caratterizza in modo essenziale l’uomo. Allo stesso tempo, tuttavia, Anders scorge in Kafka l’accettazione di uno stato di colpa indefinita e della conseguente pena che sconfina con il masochismo e con una voluttà di autoumiliazione in cui riecheggia il sentimento dell’incombere del peccato originale. Nella moda kafkiana del secondo dopoguerra, inoltre, Anders scorge anche l’esaltazione di una figura antipodica che se pure non colpevole, veniva comunque punita; in essa i tanti tedeschi che, se pure non da protagonisti, avevano partecipato alle politiche razziali del regime nazista, potevano rispecchiarsi e sentirsi intimamente assolti. Così, con la divinizzazione estetica e pseudo-religiosa dell’ebreo Kafka si sublimava l’eccidio di milioni di altri ebrei.

PAROLE CHIAVE: Anders, colpa, pena, esilio dal mondo, redenzione

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